Che il vintage sia orgogliosamente tornato alla ribalta lo testimonia il grande numero di estimatori di ogni età sparsi nel mondo. Blog, profili Instagram, mercatini dell’usato, negozi, fiere di settore ed eventi a tema animano la rete e le strade cittadine; ne parlano i fashion magazine e le riviste di design e architettura; app come Depop e Vinted espongono nella loro vetrina virtuale capi, accessori e oggetti d’arredo di altre epoche, lasciando che fan entusiasti possano innamorarsene e acquistarli.
Se il vintage è sulla bocca (e nel cuore) di molti, lo si deve a quello che rappresenta e ha rappresentato sin dalle origini. Dopo aver spiegato il significato della parola ‘vintage’, un tuffo nel passato è quindi doveroso per capire due aspetti importanti sul vintage: dove nasce e quando si afferma. Ripercorriamo insieme la storia del vintage nella moda dalla nascita alla sua attuale rinascita.
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L’abbigliamento utile e razionato degli anni ’40
Prima della rivoluzione industriale e durante la seconda guerra mondiale (che durò dal 1939 al 1945), a causa del costo elevato di stoffe e confezionamento a mano, gran parte della popolazione non poteva concedersi il lusso di sfoggiare ogni giorno capi nuovi e diversi. In un’Europa stremata dal secondo conflitto mondiale, la preoccupazione principale non era solo quella di uscirne indenni, ma anche di non patire la fame, quindi è facile immaginare quanto l’abbigliamento fosse l’ultimo dei pensieri.
Il regime di razionamento degli anni ’40 impose l’uso ridotto non solo del cibo, ma anche dei tessuti, inducendo per esempio il governo britannico addirittura a considerare illegale l’impiego di elementi decorativi con cui impreziosirli: maniche e gonne divennero sempre più corte per questo motivo, per i bijoux venivano usati tappi di sughero e le scarpe erano realizzate all’uncinetto con la rafia e il legno perché non c’era cuoio.
Utility Clothing Scheme: come avveniva l’acquisto dei capi
Era l’epoca dell’Utility Clothing Scheme, un programma varato dai paesi anglosassoni che prevedeva la distribuzione di tagliandi – ogni tessera ne conteneva 20, ma un solo cappotto già ne valeva 14 – per l’acquisto di capi versatili, semplici ed economici. L’abbigliamento doveva risultare utile e sfruttabile, limitando al massimo gli sprechi di tessuto e il numero di abiti da conservare nel guardaroba, ma anche riciclando il più possibile quello che si possedeva.
A tal proposito, campagna inglese iconica di questo periodo è la cosiddetta Make-Do-And-Mend, che raccoglieva una serie di tutorial per aiutare le donne – costrette a cavarsela da sole perché i mariti erano al fronte – nella gestione dei vari ambiti della vita domestica.
Vintage, quando nasce nella moda: quella irrefrenabile voglia di esprimersi
A cambiare le sorti del mondo della moda è invece il vintage, che nasce nel XX secolo come risposta al desiderio degli adolescenti di distinguersi dalla massa ed esprimersi: la moda si rivolge e coinvolge tutta la comunità che inizia finalmente a decidere quale stile d’abbigliamento indossare.
A rendere irrequieti i giovanissimi dell’epoca era la voglia di ribellarsi agli adulti, gli stessi che avevano causato i grandi stravolgimenti economici, politici e sociali della prima metà del XX secolo, primi tra tutti i due conflitti mondiali. In un periodo storico dominato dal capitalismo e susseguito alle privazioni e alle sofferenze della guerra, era forte in loro il bisogno di prenderne le distanze, di costruire la propria identità, far sentire la propria voce e scegliere autonomamente.
Storia del vintage, dove nasce: ode agli hippie in America
La moda vintage nasce in America nella seconda metà del XX secolo nel pieno del secondo dopoguerra. Questo è il periodo in cui si affermano le culture giovanili e le sottoculture: prima gli esistenzialisti parigini negli anni ’50, poi gli hippie negli USA negli anni ’60-’70 (i miei amati ‘figli dei fiori’ <3).
È agli hippie che si deve la nascita delle prime manifestazioni del vintage.
A corto di soldi, ma mai di inventiva e creatività, è agli hippie che si deve la nascita delle prime manifestazioni del vintage. I mercatini dell’usato diventano il luogo privilegiato per esercitare l’arte del fai da te andando a caccia di capi etnici, di altre epoche o da poter trasformare – una tendenza che ritorna poi negli anni ’90 con la nascita del grunge.
Moda vintage: estro e colori per distinguersi dalla massa
Insomma, un’inequivocabile dichiarazione di indipendenza ed emancipazione dal mondo comune che avveniva a suon di estro e colori e che da lì in poi ha coinvolto fasce di popolazione sempre più numerose, ponendosi come valida alternativa all’alta moda e ai marchi ufficiali.
Il ritorno del vintage di oggi, quindi, è molto più di una semplicemente tendenza: altro non è che il prosieguo di ciò che ha significato nel corso del tempo, rivoluzionando il modo di approcciarsi al mondo.
Fonte: Vintage life di Cristiana Crisafi