La pausa pranzo è salvifica, soprattutto se la si usa per spalancare gli occhi e affinare i sensi. Ed è salvifico pure l’odore delle polpette all’uovo scoppiettanti nell’olio mentre oltrepassa i vetri delle case raggiungendo le narici dei passanti. Le ha preparate qualcuno che abita nel palazzo dai balconi fioriti, lo stesso da cui proviene il tintinnio dei piatti che accompagna il silenzio sublime e familiare della controra per le strade semideserte del centro storico.
Cosa vedere a Barletta usando vista, gusto e olfatto
Un bambino con zaino in spalla cammina ciondolante e affamato verso il portone di casa. Una signora stende il bucato mentre intrattiene il suo interlocutore al telefono. Io osservo e annuso senza fiatare quel lento susseguirsi di gesti e profumi che ha monopolizzato questi 40 minuti di pausa pranzo all’aperto con annessa mascherina sul volto.
Siamo in Puglia, precisamente a Barletta, qui dove le facciate colorate degli edifici giocano a nascondino tra le vie del borgo antico. Mai avrei immaginato di incontrarne così tanti in pochi minuti. Se qualcuno dovesse chiedermi cosa vedere nella Città della Disfida, gli proporrei un tour guidato tra i colori all’ora di pranzo per respirare frittura di pesce e panni stesi al sole, così da accontentare vista, gusto e olfatto in un colpo solo.
Imparare a distinguere i suoni dai rumori
La pagina del mese di settembre l’ho strappata dal calendario da un po’, eppure il vento leggero scaldato dal sole sa ancora parlarmi di estate insieme alle ante di nuovo spalancate. Qualche TV racconta di aumento dei contagi e di casi di cronaca, qualcun’altra declama versi d’amore attraverso le voci dei protagonisti di Beautiful. Alcuni schermi preferiscono creare ombre sui volti, altri invece distrarre e intrattenere, anche a costo di sembrare banali o smielati. I secondi da un po’ sono i miei preferiti.
Ci si deve sentire quel tantino smarriti a udire parole così diverse se non ci si esercita a distinguere i suoni dai rumori incessanti, le informazioni accurate dai chiacchiericci molesti. Magari a stomaco pieno ci si riesce meglio, per questo dopo aver divorato fesa di tacchino e carote ho allungato il passo distanziandomi dalle finestre delle verità sbattute in faccia ora dopo ora. Almeno durante la pausa pranzo in solitaria lasciatemi libera di posare gli occhi e le orecchie altrove.
Provare a difendersi come possiamo
Mancano 10 minuti al mio rientro in ufficio, ma non ho alcuna intenzione di correre e affannarmi. Non voglio far passare inosservata quella tenda di pizzo che svolazza leggera lasciando intravedere l’interno di una vecchia casupola costruita a livello stradale. È da lì che parte l’odore di marciapiede pulito, frutto dell’ostinata abitudine delle signore in vestaglia di farsi beffa delle regole comunali e lavare il lavabile a qualunque ora del giorno.
Ed è da qui che io riprendo a scrivere. Dalla consapevolezza che per dare un senso al tempo che c’è, bisogna allenarsi a raccogliere briciole di bellezza qua e là senza gettarle nella spazzatura come si fa con le briciole di pane cadute sul pavimento scrollando la tovaglia. Forse è così che in questo anno strano e sospeso ognuno di noi prova a difendersi come può.